SEI A FAVORE DELLA STERILIZZAZIONE OBBLIGATORIA PER I RANDAGI?
Uno studio americano di qualche tempo fa avverte che da una sola cagna non sterilizzata in sei anni possono derivare 67.000 cani: quando l’animale è randagio (ma non solo) si stima una media di due parti l’anno per otto cuccioli ciascuno, di cui almeno la metà, ogni volta, femmine. Due parti anche per le gatte, con un’alta mortalità dei cuccioli. Calcolando che solo il 2,8 per cento di questi ultimi riesce a sopravvivere, in nove anni ecco che la micia ha indirettamente prodotto 11.606,077 soggetti.
Con ogni evidenza la tragedia del randagismo, che affligge l’Italia a dispetto di un’avanzata legge quadro, la 281/91, con cui si vieta di sopprimere gli animali richiedendo in compenso pratiche di prevenzione, verrebbe completamente neutralizzata, e in breve tempo, con la semplice sterilizzazione degli animali sia nel pubblico che nel privato.
Spesso scandalose, in tal senso e malgrado i finanziamenti pubblici, le inadempienze di Asl e amministrazioni locali, nonché assente la politica di educazione verso i proprietari. Per superficialità, per non arginare l’incessante riprodursi di animali destinati alla sofferenza, che fa comodo a tanti e motiva un multiforme business – dalla gestione dei canili ai traffici illegali -, non solo gli animali non vengono sterilizzati a sufficienza nelle strutture municipali o in convenzione, ma le istituzioni evitano con cura di raccomandare e promuovere la sterilizzazione degli animali di casa.
Affidarsi all’iniziativa dei singoli significa incontrare obiezioni come “è contronatura”, “non voglio fargli questa cattiveria”. Certo, in natura gli animali sarebbero liberi di riprodursi, e noi stessi, allo stato naturale, gireremmo seminudi e forse spensierati. Ma il guinzaglio e la ciotola non sono espressioni di naturalezza, e la vita con noi richiede un compromesso. Non è forse molto più cattivo permettere, quando non organizzare, l’avvento di cuccioli in un mondo drammaticamente sovrappopolato?
Il desiderio di maternità o paternità del nostro amico, sovente ostentato come una buona ragione, è in realtà una proiezione tutta umana, visto che a Lola, nella migliore delle ipotesi, toccherà una seduta da noi programmata, e finalizzata a partorire cuccioli con cui trascorrerà, nel complesso, poco più di un mese. Quindi, ciascuno di essi verrà piazzato altrove. Affidato ad amici, conoscenti o sconosciuti: a esser sinceri, possiamo garantire affidabilità per una minima parte di costoro. Quanti saranno effettivamente curati e amati, e quanti, al contrario, trascurati se non maltrattati. Quanti infine finiranno per la strada, in un canile, vittime di turpi mercati?
D’altro canto, la nostra giurisdizione stima gli animali come cose, e allo stato attuale imporre la sterilizzazione nel privato verrebbe inteso come limitare la libertà del proprietario. Si potrebbe tuttavia consentire di tenere cani e gatti interi solo previo un dazio, cui aggiungere l’obbligo di sottoporli a regolari controlli nonché alla registrazione immediata di tutti i cuccioli. Si potrebbe inoltre combattere l’allevamento fai-da-te, del cui smisurato impatto cui si ha riscontro nei piccoli annunci: al di fuori di ogni controllo sanitario e fiscale, fattrici e stalloni sono costretti in spazi minuscoli, prigionieri di un mostruoso sfruttamento. Si potrebbe infine ragionare su una moratoria sull’allevamento ufficiale, non privo di responsabilità (dove finiscono i cuccioli malriusciti, i riproduttori a fine carriera?): qualche anno di sospensione delle attività per sanare la situazione, compensato magari con una quota del profluvio di risorse oggi investite ad alimentare un sistema perverso nei confronti di animali e uomini.